domenica 6 luglio 2014

Vite parallele: Alessandro e Cesare

Plutarco
I classici della Bur
Introduzione di Antonio La Penna

Testo greco  a fronte

Pochi autori hanno conosciuto, nel corso della tradizione storica, periodi di fama incontrastata e quasi mitica come il Plutarco delle "Vite parallele": l'ultimo forse degli scrittori antichi in cui, fra Settecento e Ottocento, si riconobbe lo spirito di un'Europa ancora culturalmente unitaria. Al modello esemplare degli eroi plutarchiani guardarono ammirati Federico di Prussia e Washington, Robespierre e Napoleone: e si sa quale fremente emozione suscitò nell'Alfieri la lettura delle biografie. Più tardi, il positivismo scientifico sancì il declino dello scrittore, riducendolo al ruolo di uno storico impreciso e contestabile. Ma storico Plutarco non fu né volle essere. Al centro della sua narrazione egli non pone mai la situazione o gli eventi, che pur evoca con tratti vivaci, ma l'uomo, con la sua personalità e la sua morale, le sue esperienze, emozioni, passioni. E a rendere l'essenza dell'uomo gli sembra più efficace "un breve episodio, una parola, un motto... che non battaglie con migliaia di morti, grandi schieramenti di eserciti, assedi di città". L'arte di Plutarco sta nell'atmosfera di umana grandezza, nel senso pensoso di un destino che si delinea attraverso le scelte imposte dal carattere e dalle ambizioni personali, ma anche dall'incidenza misteriosa del fato: un mondo di prepotente vitalità, di tensione, di dramma, alla cui suggestione è difficile sottrarsi.

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